Nelle organizzazioni che dichiarano di adottare il management partecipativo, i manager parlano a persone convinte della necessità di cambiare, ma non li ascoltano. Lo sforzo comunicativo dei superiori è semplicistico, unilaterale, paternalista. In queste situazioni le persone rimproverano ai loro superiori di non comportarsi secondo una filosofia di partecipazione.
Non è vero che il passaggio dal management burocratico a quello partecipativo trovi le persone in posizione pregiudiziale di difesa, preoccupati di veder minato il presupposto di competenza esclusiva e la loro autorità. Normalmente non esiste una opposizione intellettuale al cambiamento, né attaccamento sentimentale al passato. Il cambiamento fallisce semplicemente perchè è troppo veloce, o mal impostato.
La differenza non sta fra anziani o giovani, ma nel modo in cui la direzione propone il cambiamento. Nelle situazioni di management partecipativo i problemi non nascono da opposizioni sui principi, ma da difficoltà di esecuzione, errori di strategia, comportamenti sbagliati.
Questo perché le persone vogliono essere protagoniste, sentono il bisogno di affermarsi, decidere circostanze, ritmo e modalità dello sforzo da realizzare, in quanto conoscono meglio di tutti i problemi di base.
venerdì 8 gennaio 2010
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