lunedì 25 gennaio 2010

Socializzazione e leadership

La cultura organizzativa è il risultato di un processo di apprendimento graduale, basato sulla ripetizione del successo, che porta a dare certe cose per scontate.

La cultura rappresenta un fondamentale veicolo di socializzazione dei nuovi membri, ai quali viene proposta come il modo corretto di percepire, pensare, sentire in relazione ai problemi. I nuovi membri possono essere portatori di nuove idee e indurre un cambiamento nella cultura, specialmente se sono introdotti ai livelli alti dell'organizzazione.

Il leader svolge un ruolo chiave nell'indicare i valori e le norme dell'organizzazione, che i membri fanno propri mediante un processo di idealizzazione del leader e di interiorizzazione delle norme. Il leader svolge una funzione importante nei momenti di cambiamento: infatti egli guida il gruppo alla scoperta di nuove soluzioni, e nello stesso tempo lo rassicura nel momento in cui bisogna abbandonare le vecchie certezze.

lunedì 18 gennaio 2010

Cultura come soluzione appresa nel tempo

La cultura organizzativa rappresenta una struttura o mappa cognitiva che consente di percepire e selezionare le informazioni rilevanti, di focalizzare l'attenzione su alcuni problemi, di rappresentare le possibili soluzioni.
Secondo Edgar Schein la cultura è incorporata nei valori, nelle norme, nelle abitudini, nelle strategie di azione e nelle relazioni sociali, proprie di una organizzazione.

Il gruppo è il soggetto che detiene e sviluppa una propria cultura. Il gruppo va inteso come insieme di persone che: 1) hanno condiviso a lungo nel tempo dei problemi significativi; 2) sono state in grado di risolvere quei problemi e di osservare gli effetti delle loro soluzioni; 3) hanno acquisito nuovi membri, cui hanno trasmesso soluzioni condivise e percepite come valide.

Gli elementi culturali sono elaborati come soluzioni apprese per problemi che si sono presentati nella storia dell'organizzazione. Le risposte che l'organizzazione elabora sono contemporaneamente volte a risolvere un problema e a ridurre l'ansia ingenerata dal problema irrisolto.

domenica 17 gennaio 2010

Cultura come valore e "conservazione"

Le imprese, e le organizzazioni in genere, in quanto sistemi sociali, sono produttrici e portatrici di una propria cultura.

In ogni organizzazione esistono modalità specifiche per innovare, prendere decisioni, comunicare, organizzare, controllare, valutare e compensare. Queste modalità “sono risposte che sono state accettate perchè hanno avuto successo" in passato, e si realizzano quotidianamente nei rapporti fra i capi e i dipendenti, fra i pari grado, fra i vari settori/reparti.

Tali modalità tradizionali di agire e pensare rappresentano la cultura organizzativa; la cultura rispecchia quindi ciò che ha funzionato nel passato; in questo senso la cultura è sempre “conservatrice”, in quanto costituisce per il gruppo un valore da difendere e preservare.

mercoledì 13 gennaio 2010

La cultura organizzativa secondo Edgar Schein

Innanzitutto, cosa dobbiamo intendere per cultura?
"Nessuno può fare una cosa che non è in grado di concepire"

"La cultura organizzativa è l'insieme coerente di assunti fondamentali, che un dato gruppo ha inventato, scoperto o sviluppato, imparando ad affrontare i suoi problemi di adattamento esterno e integrazione interna, e che hanno funzionato abbastanza bene da poter essere considerati validi, e perciò' tali da essere insegnati ai nuovi membri come il modo corretto di percepire, pensare e sentire in relazione ai problemi" (E. Schein, 1984).

La cultura organizzativa è l’insieme di credenze ed aspettative condivise dai membri di un gruppo. Tali credenze producono norme che modellano il comportamento degli individui e dei gruppi.

lunedì 11 gennaio 2010

La prospettiva culturale per il cambiamento organizzativo

Una prospettiva attraverso cui considerare il cambiamento nelle organizzazioni è quella di tipo culturale. Secondo questa prospettiva ogni organizzazione è anche un modo di conoscere, un universo simbolico, un artefatto cognitivo. Ignorare o sottostimare questa prospettiva significa predisporsi ad un sicuro fallimento nei propri piani di cambiamento.

Spesso infatti i maggiori ostacoli all’introduzione e sviluppo di innovazioni organizzative non sono di tipo tecnico, tecnologico o economico, ma di tipo culturale. E senza un radicale cambiamento di tipo culturale gli sforzi e gli investimenti in cambiamento rischiano di essere del tutto vanificati. In questo senso chi si propone di sviluppare la propria organizzazione deve diventare anche “agente del cambiamento culturale”, e dotarsi di conoscenze e capacità gestionali culturali.

Ma cosa dobbiamo intendere per cultura?
"Nessuno può fare una cosa che non è in grado di concepire"



venerdì 8 gennaio 2010

La resistenza al cambiamento

Nelle organizzazioni che dichiarano di adottare il management partecipativo, i manager parlano a persone convinte della necessità di cambiare, ma non li ascoltano. Lo sforzo comunicativo dei superiori è semplicistico, unilaterale, paternalista. In queste situazioni le persone rimproverano ai loro superiori di non comportarsi secondo una filosofia di partecipazione.

Non è vero che il passaggio dal management burocratico a quello partecipativo trovi le persone in posizione pregiudiziale di difesa, preoccupati di veder minato il presupposto di competenza esclusiva e la loro autorità. Normalmente non esiste una opposizione intellettuale al cambiamento, né attaccamento sentimentale al passato. Il cambiamento fallisce semplicemente perchè è troppo veloce, o mal impostato.

La differenza non sta fra anziani o giovani, ma nel modo in cui la direzione propone il cambiamento. Nelle situazioni di management partecipativo i problemi non nascono da opposizioni sui principi, ma da difficoltà di esecuzione, errori di strategia, comportamenti sbagliati.

Questo perché le persone vogliono essere protagoniste, sentono il bisogno di affermarsi, decidere circostanze, ritmo e modalità dello sforzo da realizzare, in quanto conoscono meglio di tutti i problemi di base.

giovedì 7 gennaio 2010

Nessuno ascolta nessuno

Non si può rispondere alla complessità col semplicismo, ma occorrono conoscenza, cura per il particolare, per arrivare ad una semplicità efficace. Tentare di creare forzosamente una cultura diversa genera il rigetto degli individui, gelosi della loro indipendenza e dignità personale.

Solo i valori praticati hanno importanza, e questi dipendono dal sistema di relazioni all'interno del quale agiscono le persone. Il sistema definisce le regole del gioco, compensando alcuni comportamenti e penalizzandone altri. Se si vuole cambiare cultura occorre cambiare il sistema che la genera e la rinforza partendo dalle tradizioni e dalle abitudini (non certo dalla presentazione di valori teorici).

Pratiche diverse nascono da giochi diversi e da un interesse a giocarli da parte degli interessati.

L'ascolto consente di capire la natura dei giochi che si stanno giocando (l'ascolto non agisce quindi solo sull'aspetto della teoria dichiarata). Se non si ascolta il rischio è di perdere il principio di realtà, per rifugiarsi nella "tentazione" del discorso, che porta a pensare che si sia agito semplicemente perchè si è parlato (e se poi le cose non vanno la colpa è degli altri).

lunedì 4 gennaio 2010

Tre principi organizzativi da applicare

  1. Semplicità
  2. Autonomia
  3. Direzione attraverso la cultura

1. Semplicità - Lo spirito umano è il miglior strumento di integrazione che permetta di affrontare la complessità. Occorre dare professionalità agli individui invece di sofisticare strutture e procedure (strutture piatte, eliminazione degli staff). E' necessario un apprendimento collettivo dei modi più semplici di soluzione dei problemi.

2. Autonomia - Delega per a) essere più efficaci col cliente (collocare il potere di decisione vicino al cliente) b) concentrarsi sulle attività in cui si eccelle (il "mestiere"), c) diffondere spirito imprenditoriale a livello operativo. Occorre passare dalla minimizzazione dei costi di transazione alla minimizzazione dei costi di integrazione (attraverso la delega, l'autonomia interna alla gerarchia)

3. Direzione attraverso la cultura - Le persone si mobilitano sulla base di valori comuni, di norme di appartenenza di gruppo, di obiettivi condivisi; nel gruppo i membri cercano di massimizzare i propri vantaggi in funzione della logica del gioco nel quale sono tutti impegnati, e di cui osserveranno le regole. Management partecipativo, capo come animatore. "Progetto imprenditoriale" significa raccolta degli individui intorno a valori comuni, che sostituiscono le regole vincolanti.

domenica 3 gennaio 2010

Nuovi principi organizzativi

Il problema organizzativo di domani sarà quello di suscitare la cooperazione nel quadro di vincoli tecnici ed economici, sapendo che non esiste cooperazione senza conflitto.

Organizzare non significherà più dividere, ripartire, coordinare programmare gli individui...
... ma mobilitare capacità individuali e collettive per raggiungere obiettivi e svilupparle per proporne altri

sabato 2 gennaio 2010

Idee sull'organizzazione del futuro

Possiamo concepire l'organizzazione come un insieme di relazioni organizzate con una propria cultura.

Organizzare significa quindi capacità di far cooperare persone più libere, in cui decisiva risulta la capacità di apprendimento.

Il problema organizzativo principale è suscitare la cooperazione fra gli individui.

Paradosso: per far ciò le persone devono essere libere, ma più sono libere più un'anarchia umanamente accettabile è possibile grazie ad uno straordinario supplemento di organizzazione.

Nell'organizzazione del futuro vi deve essere coincidenza fra la richiesta di ascolto ed il bisogno di conoscenza che è indispensabile per l'apprendimento collettivo